Nel 1900 Piombino aveva settemilaseicentonovantasei abitanti e duecentocinquanta operai; nel 1913 ventunomilatrentacinque abitanti e duemilaquattrocento operai; nel 1962 si giungeva a circa trentaseimila abitanti di cui cinquemila impegnati nel lavoro dell'Italsider, ormai unico grande protagonista della zona. A questa avanzata in ogni dimensione non corrispondeva un adeguato sviluppo topografico della cittadina anzi vi difettava tutta quella serie di infrastrutture e di attività secondarie e collaterali che avrebbero potuto trasformare Piombino in una città organicamente perfetta e, ci sia concesso dirlo, al limite ideale di una funzionale modernità. [...]. Se le attività secondarie e terziarie non avranno uno sviluppo, Piombino nel 1966 sarà sì la sede del più grande stabilimento dell'Italsider e uno dei più grandi d'Europa, porterà la produzione di acciaio a due milioni di tonnellate, aumenterà sensibilmente il numero dei dipendenti dell'organico attuale, realizzerà nuovi impianti come un laminatoio blooming, un treno per billette, un treno per nastri stretti e uno per profilati piccoli, continuerà a spedire rotaie in ogni parte del mondo, ma potrebbe restare schiacciata dal suo medesimo sviluppo e trasformarsi in una città dormitorio. Domenico Rea (1963)