Nel 1912, in questo romanzo London immagina il futuro in uno scenario apocalittico seguito di una devastante pandemia. Ambientato nel 2073, al centro del racconto l'ultimo uomo, un ex professore di letteratura di Berkeley, che abbia visto con i propri occhi l'epidemia globale che aveva devastato il pianeta sessant'anni prima, nel 2013. Da quella calamità si erano salvati in pochissimi, inspiegabilmente rimasti immuni e il nonno, ultimo sopravvissuto, cerca di mantenerne viva la memoria raccontando la sua vicenda a tre nipoti cresciuti senza istruzione in un mondo in cui tutta la conoscenza dell'antica civiltà è andata perduta... Quando scrisse questo libro, London aveva 35 anni; sarebbe morto, solo quarantenne, nel 1916, e gli sarebbe stato risparmiato di vedere almeno in parte avverata la sua previsione: la spagnola, l'epidemia più grave del secolo, iniziata nel 1918, e durata con diverse riprese fino al 1920 causando milioni di morti. C'è il rischio di perdersi con le date: con il racconto di London sembra di leggere le pagine di un quotidiano di queste maledette giornate del 2020. Attori, cause, rimedi e risvolti futuri sembrano appartenere alla stessa storia.