L'infanzia fiorentina in una famiglia particolarmente moderna e illuminata, con la mamma maestra montessoriana che gli permetteva di leggere libri pornografici perché consapevole dell'importanza della lettura tout court. La precocissima folgorazione per il teatro che lo fa trasferire a Roma poco più che ventenne. I primi passi nel cinema e nei fotoromanzi, che interpretava indossando le giacche rubate a Franco Zeffirelli. La gaia atmosfera della dolce vita. Le avventure mondane con Laura Betti, l'affinità elettiva con Federico Fellini, la severità di Pierpaolo Pasolini. L'ipocrisia della televisione democristiana e poi, ovviamente, il teatro. Dai primi ingaggi in compagnie importanti dove Poli impara quella che chiama "la praticaccia", alla decisione di diventare capocomico nel momento in cui quasi tutte le grandi compagnie si scioglievano per essere assorbite dai teatri stabili. Ma Poli è un artista rigoroso e libero, vuole giocare e rischiare, senza avere padroni. Una vita trascorsa a parodiare il potere, il cattivo gusto della piccola borghesia, i vizi e le virtù dell'Italietta provinciale e pavida. Il tutto senza moralismi, ma con lo sfarzo scintillante dell'ironia. Alla fine del libro si scoprirà che non c'è alcuna differenza fra l'attore e l'uomo.