La guerra non genera solo orrore e ripulsa, ma anche incanto, seduzione intellettuale e infatuazioni popolari profonde. Sentimenti che maturano lentamente e perdurano anche dopo i conflitti, nonostante le morti e i lutti. Il tempo della guerra si estende ben oltre i brevi momenti delle vigilie e delle mischie furibonde, includendo i giorni dedicati al suo ricordo. Lo spargimento di sangue è utilizzato per creare senso di appartenenza e orgoglio nazionale, diventa fasto per ogni sistema politico e uno strumento cruciale di legittimazione. Il libro esplora la presenza della morte sacrificale nel discorso pubblico dell'Italia contemporanea, nei passaggi cruciali dal Risorgimento alla Resistenza. Sottraendo il tema alla mera dimensione retorica e propagandistica, l'autore ne ricostruisce il profilo attraverso l'analisi di una ricca e preziosa documentazione, riconnette il fenomeno alle sue radici profonde e lo inserisce nel corpo della vita politica, sociale e culturale della nazione.