Lo conosciamo tutti, il cappello con la penna. Lo abbiamo visto immortalato nelle pagine più importanti della nostra storia, dai fronti militari della Prima guerra mondiale alla tragedia della campagna di Russia; abbiamo visto gli alpini servire il nostro Paese nelle missioni internazionali, dal Kosovo all'Afghanistan; abbiamo visto le penne nere al lavoro nei giorni drammatici delle emergenze e delle catastrofi naturali. Ed è a un alpino, Francesco Paolo Figliuolo, che ci siamo affidati in tempi più recenti, quando la pandemia da Covid-19 ha sconvolto le nostre vite e la campagna vaccinale aveva bisogno di una guida sicura. Questo libro ripercorre i momenti decisivi di 150 anni di storia, partendo dalla fondazione del Corpo, avvenuta a Napoli nel 1872, per arrivare ai giorni nostri. Eppure non è e non vuole essere una «storia degli alpini», ma un album di famiglia degli uomini e delle donne che hanno indossato e indossano quel cappello, che ne hanno fatto un simbolo di identità e di appartenenza. Impreziosite da foto inedite e da immagini imperdibili, queste pagine sono il racconto ufficiale del corpo militare più amato e riconosciuto, di una «meglio gioventù dei nostri monti» che, come ci ricordano le affollate adunate, ancora incarna i valori più autentici della nostra comunità. Perché, come scriveva Egisto Corradi, «il cappello alpino non è un cappello da furbi, non lo è nel senso che alla parola furbo si dà in Italia. Gli alpini sono tutto meno che furbi. Sono gente seria. Vorrei che gli italiani, più che come sono, fossero tutti quanti alpini».