Da fine Ottocento e fino alla seconda metà del Novecento un numero considerevole di giovani donne parte dal Ticino, dalle valli italofone del Grigioni e dal Nord Italia per andare alavorare nelle fabbriche tessili della Svizzera tedesca. Poiché sono minorenni e devono rimanere per anni lontane da casa, vengono alloggiate nei convitti per operaie - gli Arbeiterinnenheime - e affidate alla custodia delle religiose. Nati grazie a un sodalizio tra gli imprenditori e la Chiesa cattolica, gli istituti industriali femminili coniugano in modo efficace paternalismo aziendale e assistenzialismo di matrice religiosa. Tuttavia, al di là delle finalità filantropiche dichiarate dai loro promotori, i convitti sono a tutti gli effetti strutture di internamento: le giovani operaie si ritrovano a vivere in totale isolamento, private della loro autonomia e sottoposte a un ferreo regime disciplinare. Il libro racconta questo particolare fenomeno migratorio da diverse prospettive: i motivi della partenza, le condizioni di vita e di lavoro delle operaie, il progetto educativo messo in atto nei convitti, l'ambiguo ruolo delle religiose e degli industriali.