L'esercito del Regno delle Due Sicilie era davvero un esercito di stranieri e di mercenari, di uomini sanguinari e feroci contro i loro stessi fratelli? O, peggio ancora, di ufficiali traditori, pronti a passare dalla parte del vincitore? In realtà, era un esercito nazionale la cui principale ragion d'essere era il mantenimento dell'ordine interno, ma che fece la sua parte quando il Re se ne mise a capo, dopo le dimissioni del governo costituzionale napoletano. La ricerca degli autori si propone di approfondire questi aspetti di storia militare ricordando tanti fedeli "soldati del Re" e focalizzandosi sul periodo che va dal risolutivo intervento armato sardo-piemontese del 12 ottobre 1860 alla metà del mese successivo. L'irresolutezza dell'alto comando napoletano, cui non fu estraneo lo stesso Re nell'ingannevole speranza in un aiuto francese, rimandò lo scontro definitivo con l'Armata Sarda fino a che fu troppo tardi e tutto compromesso in una settimana o poco più. La ritirata si concluse solo a Gaeta, una fortezza che, a causa del mortale immobilismo degli ultimi anni di regno di Ferdinando II, non era in grado di resistere a un assedio sostenuto da cannoni a grande gittata, di fronte ai quali gli artiglieri napoletani nulla poterono. Un lavoro, questo di Pede ed Esposito, che si colloca oltre le polemiche di parte e aiuta a ricostruire il dato storico in modo obiettivo e documentato.