Ci fu un tempo, ormai lontano, in cui in una certa Italia dell'ultimo dopoguerra parlare o scrivere delle vicende di uomini in divisa, che avevano combattuto con onore, spesso a prezzo della vita, per la patria, era oltremodo difficile e scomodo nel migliore dei casi, nel peggiore ciò era considerato una provocazione. Eppure a quegli uomini settant'anni fa fu data loro una consegna, giusta o sbagliata, combattere per l'Italia. A quest'ultima consegna non vennero mai meno, anche a costo delle loro giovani vite. Per questo essi sono degni di memoria. Ogni comunità nazionale, nella sua interezza, dovrebbe essere fiera di annoverarli quali figli, in quanto uomini che trascendono la stessa trincea in cui si battono, e che pertanto diventano un esempio di lealtà, di dedizione e di coraggio, valido per tutti in ogni tempo. Dunque una comunità umana merita questo nome, quando ricorda con orgoglio i suoi figli migliori, anche se questi emergono da pagine buie e drammatiche, che l'inconscio vorrebbe rimuovere, come quelle della seconda guerra mondiale.