IMI, Internati Militari Italiani, una definizione sconosciuta ai più, ma che cela un grande dramma della seconda guerra mondiale. È la definizione data da Hitler ai militari italiani che furono catturati dai tedeschi e portati nei lager in Germania, e non solo, immediatamente dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 tra l'Italia ed i Paesi alleati. Ne furono deportati 650.000 e quasi 50.000 morirono di fame, stenti, malattie, ed utilizzati come lavoratori-schiavizzati per sostituire nelle fabbriche e nei campi gli uomini teutonici al fronte. Tra questi IMI ci fu Ciotti Tullio, giovane bracciante di Passaggio di Bettona (PG). La sua storia di prigionia e di guerra è quindi non individuale, ma collettiva. Le sue sofferenze, le angherie, i soprusi subiti, la nostalgia, la fame, il freddo, le umiliazioni non furono "patrimonio" solo di Tullio, ma di tutti gli italiani vittime di una guerra che la maggioranza di loro non aveva voluto. Per questo quasi tutti rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò e rimasero in luoghi ostili a soffrire e testimoniare le loro idee ed i loro valori.