L'opera di Hannah Arendt prende corpo tra Europa e Stati Uniti, nello sforzo costante di comprendere gli eventi storici più rivelatori delle migliori possibilità e delle peggiori miserie della condizione umana. Riflettendo sul concetto di "politico" dopo Auschwitz, Arendt ha evidenziato i limiti dei precedenti tentativi di afferrarne il significato senza considerare che non l'Uomo al singolare, ma gli esseri umani abitano la Terra. La pluralità che Arendt ha in mente è quella che riesce a trovare piena espressione, attraverso discorsi e azioni, soltanto qualora esista uno spazio pubblico-politico in cui sia possibile condividere un mondo comune, come accadde, in modi differenti e per un breve periodo, nella polis democratica dell'antica Grecia e con il "nuovo inizio" della Rivoluzione americana. Dell'opera di Arendt il libro propone una ricostruzione dettagliata, attenta a cogliere motivi e modalità del suo profondo ripensamento del nesso tra filosofia, politica e storia, compiuto quando appariva ormai inesorabilmente spezzato il "filo della tradizione" risalente alla Bibbia e a Platone e Aristotele.