Il testo indaga le attività di repressione e costruzione del fenomeno criminale calabrese nel secondo dopoguerra. Ci si sofferma in particolare su un'operazione di polizia promossa dal ministro degli Interni Tambroni nel 1955 e conosciuta come "Operazione Marzano", dal nome del questore che la diresse. Essa è apparsa un esempio paradigmatico di come l'attività di repressione e la conseguente descrizione di un'entità criminale possa coincidere con la sua "costruzione" pubblica e ne possa influenzare le dinamiche. Nel libro, interrogando le fonti dell'epoca, si è provato a mettere a fuoco il momento fondamentale in cui la criminalità calabrese è stata indentificata proprio perché repressa e nel quale ha iniziato ad assumere una forma solida rispetto all'estrema fluidità che si riscontrava in precedenza, quando anche la denominazione era incerta. Per la prima volta, infatti, nell'opinione pubblica appariva la parola 'ndrangheta, mentre in passato si parlava di mafia, onorata società o fibbia. Oltre centomila vittime di disastri nell'ultimo secolo, la memoria delle calamità rimossa, la prevenzione rifiutata, le ricostruzioni lunghe e costose, le contestate delocalizzazioni, le paure nei Campi Flegrei, le colpe dell'uomo e quelle del cambiamento climatico. Alle domande di un giornalista, autore di inchieste su clima e dissesto del territorio, risponde il ministro per la Protezione civile (quella italiana è fra le più apprezzate al mondo). Un'intervista senza reticenze, con parole chiare e semplici, lontane dal "politicamente corretto". E spiega come solo una "nuova cultura del rischio", che coinvolga istituzioni e cittadini, potrà proteggere l'Italia da future catastrofi.