Negli anni Venti e Trenta del Novecento la Grande Venezia già vagheggiata da D'Annunzio a inizio secolo diventa modello di sviluppo per le città storiche italiane, assumendo un ruolo inedito: non più realtà prigioniera della gloria passata e del proprio isolamento, come la decadente Venezia ottocentesca, ma laboratorio ideologico e culturale per un regime fascista in cerca di ampliare il proprio consenso e per la sperimentazione di nuovi canali di massa nazional-popolari e nazional-elitari: sport terrestri e marittimo-lagunari, regate, cinema-teatro nei campi e in piazza, manifestazioni folkloristiche. I contributi qui presentati riguardano i vari settori di intervento di una struttura come l'Opera Nazionale Dopolavoro, impegnata nel mobilitare e coinvolgere Venezia e i suoi visitatori in questa cornice di attività e svaghi, in una continua rappresentazione immaginaria del centro lagunare, della sua storia e delle sue tradizioni rappresentazione che, sotto la regia attenta di esponenti di primo piano del regime come Volpi o Giuriati, è anche l'affermazione di una ritrovata centralità nel contesto italiano e mediterraneo. In questo periodo l'OND lavora sistematicamente per imprimere ai veneziani il senso di essere eredi della tradizione marinara della Serenissima, organizzando il tempo libero di massa secondo nuove abitudini e nuovi codici.