Rinvenute nell'Archivio di Stato di Napoli e nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi più di trent'anni fa, oggetto di importanti pubblicazioni e segnalazioni in volumi e riviste nazionali ed internazionali, la conoscenza delle mappe aragonesi è rimasta limitata agli addetti ai lavori e non ha ancora arricchito l'orizzonte scientifico e culturale contemporaneo. Mentre le altre carte dell'epoca, di fine Quattrocento, disegnavano ancora l'Italia con vistosissimi errori e deformazioni, riportando solo i principali elementi geografici (catene montuose, fiumi, città capoluogo), le mappe aragonesi descrivono invece con dettagli topografici il territorio (in scale variabili da 1:50000 a 1:120000 circa) e con abbondanza di toponimi, riportando monti, vallate, pianure, torrenti, fiumi, laghetti, coste, scogli, casali, paesi, castelli, santuari, città murate, rovine, strade, e molto altro ancora, delineando un paesaggio ricchissimo di elementi sia medioevali sia risalenti all'antichità classica, e rivelandosi potenziali oggetti di studio e di feconda ricerca in numerose discipline.