La caduta della Repubblica di Venezia rappresenta un tema drammatico, doloroso, intriso di contraddizioni storiografiche. Il 12 maggio 1797 - il tremendo zorno del dodeze - la Serenissima, a seguito di una frettolosa votazione in Maggior Consiglio, decise di scomparire dalla Storia. Eppure, per quanto strano possa apparire, il tremendo zorno non fu un evento traumatico, bensì una semplice presa d'atto, esito di una trasformazione che si era lentamente ma inevitabilmente consumata nel tempo. Una crisi iniziata nel Seicento, con i fatti dell'Interdetto; proseguita con le vicende legate alla figura del "genio malefico" Francesco Morosini, con la guerra di Candia, l'avventura della Morea, la conseguente crisi erariale e la vendita delle cariche burocratiche; culminata infine nel riformismo inane, nel logorio della politica e nelle invasioni, prelusive della fine, che contraddistinsero il Settecento. Un secolo, questo, caratterizzato da due fenomeni storici, la Rivoluzione Francese e la fine della Serenissima, ovvero quella che potremmo chiamare rivoluzione veneziana. Quest'ultima rappresenta la scomparsa di uno degli Stati più importanti d'Europa, con un ordinamento complesso e articolato e un rapporto originale con il proprio territorio; è la conclusione di un millenario sistema di governo, imploso senza alcuna causa intervenuta dall'esterno; è il dissolversi di uno stato territoriale consolidato da quattro secoli di assoluta stabilità.