Ribaltando la tesi convenzionale che data la diffusione planetaria della storia europea a partire dal XIX secolo, Serge Gruzinski ne anticipa l'inizio al Cinquecento. Più precisamente, nel Messico e nell'America iberica, dove i conquistadores colonizzano le società native e vi introducono il nostro modo di scrivere la storia. Pur essendo funzionale alla costruzione di un sistema di dominio e all'affermazione dell'eurocentrismo storiografico, la "macchina del tempo" che si mette in moto in Messico agisce in un contesto estremamente frastagliato sul piano etnico, linguistico e culturale. Un contesto di cui l'autore ci restituisce l'articolazione attraverso un affascinante archivio fatto di codici pittografici coloniali, testi in azteco e opere in spagnolo rimaste per secoli al di fuori della circolazione a stampa. Per questa via riaffiora alla superficie anche il contributo offerto da indigeni e meticci all'ampliamento degli orizzonti spaziali e antropologici della coscienza storica europea.