Il 24 febbraio 2022 ha segnato l'inizio di una fase storica nuova. Dal momento dell'invasione russa, l'Ucraina ha smesso di rappresentare, agli occhi dell'opinione pubblica occidentale, un paese remoto e poco conosciuto. Per effetto di uno di quegli shock collettivi che cambiano le prospettive e modificano il senso comune, il Donbas e il territorio circostante sono diventati come il cortile di casa, e la nostra geografia mentale ha subito un mutamento di lungo termine. Con stupore ci siamo resi conto che la distanza fra Palermo e Trieste è simile a quella che separa Trieste da Kiev (o meglio Kyiv, come è corretto scrivere in lingua ucraina). Le immagini degli aerei di Mosca, delle bombe, della gente disperata ammassata nei rifugi, sono entrate nelle nostre vite prendendo possesso di tutti i media, e scacciando in un lampo l'ossessione sanitaria da Covid-19. Ciò è avvenuto perché milioni di persone si sono rese conto, come se un velo fosse caduto improvvisamente dai loro occhi, che la pace non era più garantita a nessuno, nemmeno agli occidentali, e dunque neanche agli italiani. In un futuro più o meno immaginabile, la medesima minaccia militare del Cremlino.