Quali categorie esistenziali - dolore, gioia, morte, amore, vita - si uniformano al codice espressivo delle lacrime? In quali società, in quali epoche si è pianto? Da quando gli uomini (e non le donne) hanno provato un sentimento di vergogna rispetto a questa manifestazione? Nel libro non troverete risposte puntuali ed esaustive a ognuna di queste domande: troverete però l'eco simbolica di una modalità del piangere, quale si è venuta configurando nella storia del pen- siero occidentale, forse preziosa per una riflessione sul senso della sofferenza, sul suo statuto antropologico nell'esperienza umana. E se è vero che dal transito sofferto dell'eroe omerico verso l'ordine civico della polis affiora un io greco che si piega al precetto della misura - che si governa da solo e che si scopre individuo pensante, senza mobilitare passioni ed emozioni - è vero anche che questo io ci ha legittimato alla rinuncia progressiva del pianto come evento probatorio della dimensione umana. La nostra civiltà ha così bandito il linguaggio delle lacrime oltre le soglie di un mondo adulto, proteso verso un vivere cosciente, organizzato entro la sana recinzione di una lucida ragione storica. Le lacrime degli eroi andranno allora lette come il riverbero di questo postulato elementare, oltre che come le tracce vive e tangibili di un passato che torna, delle possibili connessioni tra miti antichi e società iper-moderne.