Nell'Italia del XVI e XVII secolo la pratica dell'aborto fece parte dei casi della vita di molte donne di ogni condizione sociale e civile che vi ricorsero o furono costrette a farlo, e coinvolse anche famiglie, vicini di casa, curatori e curatrici di ogni livello, membri della più ampia comunità, autorità laiche ed ecclesiastiche. Fu una pratica diffusa e anche largamente tollerata, sia dalle comunità in cui avveniva, sia dalle autorità, le une e le altre disponibili a riconoscere le ragioni per cui una donna aveva abortito o era stata costretta a farlo. E questo anche mentre si irrigidiva il discorso ufficiale, tanto delle autorità laiche quanto di quelle ecclesiastiche. Attingendo a fonti diverse - processi, trattati di medicina, letteratura, giurisprudenza laica ed ecclesiastica - e a molteplici approcci, Christopoulos soppesa con intelligenza e sensibilità ragioni individuali e contesti sociali, scarti tra pratiche e norme, solidarietà e rapporti asimmetrici, restituendo le sfumature e la complessità dell'esperienza umana e delle scelte compiute in condizioni di libertà limitata. Ci consegna così una rigorosa ricostruzione che rettifica luoghi comuni di lunga data.