Nel corso del Settecento la coltura dell'olivo conobbe il massimo sviluppo in molte regioni europee, africane e asiatiche affacciate sul Mediterraneo. Alla base di queste dinamiche vi furono ragioni di convenienza o di adattamento a un mercato che evolveva rapidamente. In Italia, gli enormi investimenti di capitali e di lavoro nelle campagne vennero dettati dall'urgenza di avere quantità d'olio eccedenti da immettere con una certa continuità nei circuiti commerciali internazionali al fine di soddisfare la crescente domanda da parte della Francia e del Nord Europa. Il volume si concentra in particolare sul Ponente ligure, di cui mette in luce vari aspetti: le organizzazioni che connettevano l'importante filiera olivicola e olearia di Porto Maurizio e dell'estrema Liguria occidentale all'Europa, la stupefacente vitalità degli imprenditori rivieraschi, l'entità dei traffici lungo gli assi principali, la definizione e l'ubicazione dei porti che presiedevano ai più rilevanti scambi con vasti hinterland urbanizzati e capitali centrali o periferiche.