Gli storici lavorano con metodo per comprendere quanto di ancora ignoto, sul passato, merita di venire alla luce. Questo libro prende un'altra direzione. Pur aderendo puntigliosamente alla realtà dei fatti, sviluppa una narrazione che fa emergere, nel ruolo svolto dalla polizia politica della dittatura fascista, quanto di così ovvio vi ha preso posto, tanto da risultare ancora oggi parzialmente velato. Per dettagli e frammenti che conducono a più vaste connessioni, si ricompone così il mosaico dell'agire di un efficiente apparato, interno al Viminale, che serve Mussolini ma che, tuttavia, è già operante ben prima del suo brutale imporsi. E, al crollo del regime, gli sopravvive, nella Repubblica. Nel nome di quella continuità dello Stato, o meglio delle sue strutture repressive, su cui ha fatto luce, già negli anni Settanta, la ricerca storiografica di Claudio Pavone. Non a caso l'incipit del libro racconta il drammatico incrociarsi, nella Roma occupata dai nazisti, del giovane cospiratore antifascista Pavone con Guido Leto, capo della polizia politica del regime e personaggio che accompagna e connota questa continuità troppo spesso rimossa.