Alla fine del Trecento, Torino è una città provata dalla guerra e dalla recessione e la sua popolazione è in calo. La crisi radicalizza i conflitti sociali e politici: nobili e popolari, dopo aver raggiunto un accordo, tornano a scontrarsi, mentre la ricchezza di mercanti e imprenditori non tiene il passo con quella nobiliare fondata sulla terra. I traffici, nonostante la crisi, conservano uno spazio: accanto ai mercanti che falliscono, altri fanno fortuna e osti e macellai si arricchiscono. Ma nel complesso il volume d'affari declina rispetto ai livelli raggiunti alla metà del Trecento, mentre più solida che mai appare l'egemonia nobiliare. Occorrerà che la crisi si allenti, che il passaggio sotto il governo del duca di Savoia riporti la pace, che la popolazione riprenda a crescere, perché la spaccatura fra oligarchia nobiliare e oligarchia popolare si ricomponga e le famiglie superstiti dell'uno e dell'altro gruppo si uniscano nel patriziato che governerà la città sotto l'Antico Regime.