Arrivano completamente inaspettate. Durano pochissimo, talvolta solo qualche settimana, poi vengono represse. Ma in quel poco tempo succedono cose tali da rimanere per sempre incise nella memoria collettiva. Sono le rivolte popolari. La storia, almeno nell'ultimo millennio, è tutta punteggiata da momenti critici in cui una massa di persone decide che il futuro così come lo vede non gli piace, e prova a cambiarlo. Il Medioevo non fa eccezione: anche allora non sono mancati movimenti insurrezionali che nel loro sviluppo iniziale non sembrano affatto distinguibili dalle più travolgenti rivoluzioni moderne. In particolare nella seconda metà del Trecento se ne sono concentrati così tanti da costituire un'anomalia. Alessandro Barbero racconta proprio le più spettacolari fra queste insurrezioni. Per molto tempo gli storici hanno visto nel loro fallimento non solo la prova che i rivoltosi non avevano nessuna possibilità di riuscire, ma che non perseguivano neppure un obiettivo consapevole. Nulla di più falso: i rivoltosi sapevano quello che stavano facendo, avevano rivendicazioni precise e si battevano consapevolmente per realizzarle.