Edgardo Mortara (1851-1940), il bambino ebreo che nel 1858 venne sottratto alla sua famiglia in quanto segretamente battezzato da una domestica cattolica, fu l'involontario protagonista di una vicenda storica oggi ritornata di attualità grazie al pluripremiato film di Marco Bellocchio, Rapito (2023). La storia di Mortara catturò l'attenzione internazionale già allora, tra gli anni Cinquanta e Sessanta dell'Ottocento, all'epoca in cui nello stato della chiesa esisteva ancora l'Inquisizione. Mai restituito alla famiglia per la ferma volontà di papa Pio IX, educato nella Casa dei catecumeni ed entrato in seguito nei Canonici regolari lateranensi, avrebbe scritto in spagnolo un Memoriale il cui manoscritto autografo non è finora stato ritrovato. Quello che è conservato negli archivi è un dattiloscritto redatto negli anni Trenta del Novecento, che viene qui presentato in una nuova traduzione italiana. Una iniziativa editoriale importante perché tiene finalmente conto dei progressi fatti dal dialogo ebraico-cristiano degli ultimi decenni che da un lato consentono di affrontare questa dolorosa vicenda senza toni polemici, dall'altro richiedono di ripensare il problema stesso della conversione degli ebrei.