Per chi viene dal mare - da quello vero, avventuroso e tutto sommato ancora azzurro - il miracolo dell'Emilia Romagna per decenni è rimasto un autentico mistero. Come può un luogo praticamente "senza mare" attrarre gente, turisti e viaggiatori principalmente "per il mare"? E all'improvviso, in una torrida estate qualunque, arriva la risposta a questa domanda ingenua e irriverente. A metà anni Sessanta, mentre in Italia furoreggiavano boom economico e dolce vita, il mondo si accorge di un posto in cui lo star bene sembra missione e l'affetto condiviso una specie di vocazione minima. È il 1962, anno che riscrive la storia dell'Emilia Romagna. Da quel momento in poi, il tempo si sarebbe misurato in "Avanti Emilia" e "Post Emilia". I lidi romagnoli raddoppiano in cinque mesi, l'interno emiliano riceve così tanti ospiti da triplicare - non sarebbe più successo in Italia, eccezion fatta per il turismo religioso - le strutture ricettive. Tutto "senza mare", inventando una formula dello star bene che in verità non c'è. Nel senso che c'è sempre stata. Una piccola e saggia ricetta che ha a che fare con la gente, il vero mare per cui tutti vanno in un posto che (sembra) non avere il mare.