Paolo Casanova e Anna Memoli hanno scelto la Romagna toscana per raccontare storia e tecnica della caccia italiana. In quell'area si riassumono infatti le vicende che a partire dai primi insediamenti curtensi medievali, passando attraverso l'intensa colonizzazione mezzadrile del Settecento, hanno portato all'abbandono della montagna nel Secondo dopoguerra. Tali circostanze hanno avuto inevitabili ripercussioni sul patrimonio faunistico e quindi sull'attività venatoria: si è passati infatti dalle "cacce alla corsa" dei barbari, o comunque dei feudatari, alle fastose "cacce al chiuso" rinascimentali, espressione di raffinatezza e di potenza, a quelle con il falcone, all'aucupio con le reti e, oggi, alla caccia in "battuta" per catturare il resuscitato cinghiale. Il volume esamina le varie tecniche venatorie che la miseria imponeva al popolo minuto. Le tipologie descritte sono dunque diversissime perché dettate da ciò che il cacciatore intendeva dimostrare (forza fisica, coraggio, abilità, ricchezza, rango sociale) e dai cambiamenti ambientali che nei secoli hanno selezionato la fauna stanziale e migratrice.