Nei processi della prima metà del Novecento studiati da Emanuela Angiuli, sulle tracce delle violenze ascritte al delitto d'onore sul corpo delle donne, affiorano storie apparentemente spente, eppure presenti nella memoria invisibile di tante giovani donne. Sono le vite di tante femminilità ridotte ad archetipi di esistenze sospese, in bilico tra realtà e finzione, tra vita e sogno, tra inquietudine esistenziale e razionalità, proprio come i destini emersi nelle narrazioni investigative condotte nei Tribunali. Contro le sfumature dei sentimenti, le storie narrate trovano nella difesa della struttura patriarcale dell'onore maschile il termine dominante, feroce sentimento che, attraverso gli atti istruttori e dibattimentali chiusi nei processi per uxoricidio, scivola per mille rivoli, arriva nelle stanze più segrete dei rapporti coniugali, di quanti si amano o più banalmente si piacciono, ne esplora le ombre, alimenta gelosie, scava fra i sospetti. Infine l'onore si arma, aggredisce, in nome della reputazione sociale che non risparmia nessuno.