«Per aprire li occhi bisogna caminare il mondo», scrive nel suo memoriale, con la sua sintassi incerta, un italiano emigrato in Argentina tra le due guerre mondiali. L'emigrazione come veicolo di conoscenza e acquisizione di consapevolezza di sé e del mondo: è questo uno dei fili conduttori più forti e tenaci che percorrono le storie che si incrociano nelle pagine di questo libro. L'autore affronta questo tema (come gli altri che vi compaiono) ricucendo brani di diari, di memorie, di epistolari scritti da emigranti italiani disseminati in tutti i paesi del mondo e distribuiti lungo tutti i cento anni che segnano la storia dell'emigrazione italiana, dal periodo postunitario al miracolo economico. Le fonti della scrittura popolare che utilizza, cioè il corpus cospicuo e omogeneo conservato presso l'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, permettono di esaminare i vari aspetti della vicenda migratoria come se fossero illuminati da una luce interna, che consente di cogliere con maggiore profondità e nitidezza tutti quegli aspetti privati e a volte intimi che sfuggono alle statistiche migratorie. «Il crudele destino a voluto che io mi alontanai - continuava il medesimo migrante - che trapassi il grande mare Oceano Atlantico che vada lontano cercando fortuna cercando un nuovo nido abasso di un altro firmamento di un firmamento sconosciuto». Che si trattasse dell'America, delle miniere del Belgio oppure di un pezzo di terra da lavorare nelle colonie italiane in Africa, il nuovo mondo era un cielo sconosciuto: fallimenti e successi, delusioni e aspettative, amore e morte, vanno collocati sotto quel cielo per comprenderli fino in fondo.