Donna, divorziata con due figlie, cinquantaduenne: anche negli ambienti più colti della società europea di fine Seicento, il talento poco valeva a riscattare una condizione femminile inesorabilmente minoritaria. Consapevole del proprio valore di pittrice, illustratrice e naturalista, la tedesca Maria Sibylla Merian ha saputo tramutare a suo vantaggio pregiudizi e costrizioni secolari, in un modo che ancora oggi appare sbalorditivo, grazie a un impegno instancabile, fatto di rigore, pazienza, visione, studio. Si imbarca, alla fine del mese di giugno 1699, su un veliero della Compagnia Olandese delle Indie Occidentali, che da Amsterdam la porterà nella colonia del Suriname, per una spedizione che è al tempo stesso artistica, scientifica e commerciale: per sostenerne i costi ha venduto tutto ciò che possedeva. Nelle terre incognite del Nuovo Mondo raccoglie insetti e altri animali che osserva e disegna, documentando minuziosamente quello che più le sta a cuore, e cioè il processo di trasformazione. Serpenti, iguane, rospi, bruchi e farfalle, con le piante di cui si nutrono, daranno vita a meravigliose tavole di incisioni acquerellate: un corpus prezioso per l'avanzamento delle scienze naturali, che ha saputo catturare l'interesse di collezionisti, studiosi e intellettuali di tutta Europa, da Linneo a Goethe. Dotata, temeraria e determinata, Maria Sybilla Merian ci offre l'esempio di un destino eccezionale, compiuto forzando le convenzioni sociali, reinventando i codici della propria professione, realizzando una felice sintesi di arte e scienza.