Il dibattito sull'estetica delle fabbriche, avviato nella Germania agli inizi del Novecento e riacceso nell'Europa prebellica dagli architetti della cosiddetta «seconda Età della macchina», conosce nel decennio 1950-60 una stagione di rinnovato fermento a livello internazionale, che vede l'Italia a confronto con le maggiori potenze economiche mondiali. In parallelo, tra le diverse tendenze in atto, emerge la diffusione di forme ispirate alle dinamiche trasformative degli organismi viventi e alle loro unità costitutive, le cellule, in nome delle quali si sperimentano soluzioni che vedono ricorrere sistemi micro e macro modulari e formalismi impostati sulla geometria dell'esagono. Alla grande varietà di espressioni riscontrata in architettura corrisponde la vivacità di una discussione teorica che verte sul più ampio rapporto tra Arte e Tecnica, sulla coerenza dell'estetica industriale alle diverse scale di progetto, sul ripensamento improcrastinabile dell'approccio «funzionalista». È la breve stagione dell'approccio «organico», l'ultimo ordine architettonico dell'età contemporanea.