«Con "I morti non muoiono", Gianni Politi ha fatto qualcosa che, immagino, rallegrerebbe ogni direttore di museo: ha "usato" la collezione e gli spazi di Palazzo Barberini per creare una performance organica alla sua ricerca e tuttavia del tutto slegata, almeno a prima vista, dalla programmazione del museo e dai suoi obblighi istituzionali. È confortante che un bene pubblico come una collezione di arte antica venga anche "usata" e non soltanto "goduta" secondo modalità che, pur nella loro varietà, sono inevitabilmente prescrittive e prescritte da obiettivi istituzionali, griglie metodologiche e visioni più o meno accondiscendenti di cosa il pubblico si aspetti o "abbia bisogno". L'uso del museo di Gianni Politi ha preso la forma di un'incursione - magica, poetica, malinconica ed emozionante - nei nostri spazi e tra le nostre opere: un'incursione di tele mascherate (...)». (Flaminia Gennari Santoni)