È sorprendente l'affinità tra il ritratto verbale di Giulio Romano delineato da Giorgio Vasari e l'effigie dipinta da Tiziano. Entrambi vi celebrano un raro amico, un sommo artista. Il quadro passa dalla casa di Giulio alle collezioni Gonzaga, poi alla reggia di Carlo I d'Inghilterra, per eclissarsi a lungo nella dimora agreste di una nobile famiglia scozzese. Recuperato e riconosciuto nel Novecento, è conteso dai collezionisti fino al ritorno definitivo a Mantova, a Palazzo Te. Il racconto delle sue singolari peregrinazioni e i risultati delle indagini storico-critiche gettano nuova luce sul capolavoro di Tiziano e sul grande artista romano, protagonista della vita culturale del primo Cinquecento.