Introverso, schivo e riservato, Edward Hopper (1882-1967) è stato un grande pittore, interprete dell'uomo del XIX secolo. Dipinge scene di vita quotidiana, in modo apparentemente semplice e banale, eppure le sue immagini suscitano un interesse e un fascino del tutto particolari. Le sue opere appaiono infatti inafferrabili, misteriose e segrete. Se è stato talvolta considerato come il vate dell'introspezione, della solitudine o ancora della malinconia, le sue tele aprono a un futuro capace di interpellare ciascuno di noi. Hopper va ben oltre una lettura pessimista e orizzontale, per indicarci una via ben più complessa e articolata che apre sentieri imprevisti, in cui l'individuo si dischiude alle dimensioni più profonde dell'essere umano: il desiderio e l'attesa. Con la fine delle grandi narrazioni, delle fedi religiose e politiche che hanno alimentato i secoli passati, Hopper esorta a lasciarci esporre alla «visita della luce», situando la nostra vita in un orizzonte di senso. Le sue tele diventano così apparizioni, vere e proprie «teofanie».