La figura dell'Angelico, pur con le attente rivalutazioni critiche di studiosi contemporanei (da Argan a Pope-Hennessy), appare ancora in parte da riscoprire nel suo effettivo ruolo all'interno delle vicende pittoriche fiorentine successive alla morte di Masaccio, dagli anni Trenta sino alla metà del XV secolo. Nuova luce sulla posizione che l'Angelico ricoprì nel panorama artistico dell'epoca può derivare dall'esame dei rapporti profondi che in quegli anni intercorsero fra cultura umanistica e ambienti religiosi, contemporaneamente al manifestarsi a Firenze di un deciso orientamento estetico verso una classica eleganza formale, retta da una precisa ed elaborata precettistica che ha il suo fulcro nelle personalità di Lorenzo Ghiberti e Leon Battista Alberti. In particolare, nel percorso artistico dell'Angelico, è il periodo che va dal Tabernacolo dei Linaioli agli anni romani a presentarsi come il più esemplare dell'influenza che la cultura umanistica ebbe su di lui, come sul generale svolgersi dell'arte rinascimentale.