Sin dai primi anni della sua produzione, Yves Bonnefoy, unanimemente considerato il più grande poeta francese contemporaneo, ha concepito la riflessione sulle arti figurative, e in particolare sulla pittura, come il prolungamento ideale della sua poesia. Un filo che non si è mai interrotto e al quale oggi si aggiunge un importante tassello: le pitture nere di Goya, "uno dei momenti assoluti dell'arte occidentale". È difficile - sostiene Bonnefoy - comprendere l'opera di Goya attraverso il riferimento alla pittura della sua epoca, a differenza ad esempio di quanto accade con Velázquez o Rembrandt. I documenti a nostra disposizione o le sue stesse lettere ci danno ben poche informazioni su quello che fu il segreto di questo straordinario spirito, che sembra senza tempo. Anche degli avvenimenti principali della sua vita, come la grave malattia che lo colpì nell'inverno 1792-93, non si sa molto. Per questo, chi si avvicina alla sua opera con gli strumenti dello storico o del critico d'arte è destinato a perdere di vista l'essenziale: "un pensiero di ciò che è vero e di ciò che vale". Occorre tentare una via nuova: un approccio empatico tra pittura e spettatore. Se è vero che il simile conosce il simile, per comprendere gli abissi di Goya non bisognerà forse prestare attenzione a quello che proviamo noi stessi quando osserviamo le sue opere?