Ci sono artisti (pittori, musicisti, poeti...) che, nella loro vecchiaia, a settanta, ottanta, novant'anni, sembrano intraprendere una nuova forma dell'arte della quale si credeva fossero i maestri. Cosa succede? Una nuova giovinezza? La libertà, quando non si deve più render conto a nessuno? Oppure, al contrario, la morte intravista, l'angoscia? La fede, la speranza? La piena consapevolezza di sé, la voglia di lasciare il segno? Quando siamo di fronte alle ultime opere del vecchissimo Tiziano, così angoscianti e di una materia pittorica così spessa, come collegarle con quello che tanto ci piaceva di lui quando era giovane e che con tanta delicatezza ci faceva contemplare la Venere di Urbino? Cosa accade nella mente di un pittore che invecchia e sotto la sua mano che sembra tremare, mentre egli sembra sussurrare: ho ancora qualcosa da dire...