Nel suo pionieristico lavoro del 1922 su "La produzione plastica dei malati mentali", Hans Prinzhorn (1886-1933), storico dell'arte e psicoterapeuta, presentava un materiale d'eccezionale interesse psichiatrico ed artistico, ovvero una collezione imponente di disegni, quadri, sculture di circa 450 pazienti ricoverati in cliniche ed asili europei, ed offriva i lineamenti di una prima, provvisoria, teoria della figurazione aperta ai problemi della psicopatologia. Il libro di Prinzhorn ebbe subito un notevole successo: si presentava come un libro d'arte, ricco di immagini - "il più bel libro di immagini che ci sia", come ebbe a dire Paul Éluard - dedicato a un argomento finora relegato a studi psichiatrici. La sua influenza negli anni tra le due guerre fu enorme, sia in ambito psichiatrico sia in ambito artistico, anche se non sempre riconosciuta. Basti pensare all'influsso su artisti come Alfred Kubin, Paul Klee, Max Ernst, Jean Dubuffet. La modernità di Prinzhorn, avvertita acutamente dai suoi contemporanei, ancora ci interroga. La crisi del senso, la disgregazione, la frammentarietà, assieme al disagio di un'estraneità perturbante, sono parte della nostra modernità e delle forme che la riflettono.