Negli ultimi anni, Francesco Vezzoli ha sviluppato la sua pratica artistica creando un ponte tra l'immaginario contemporaneo e la storia dell'arte. Una prassi che lo ha portato a rivolgere la sua poetica all'arte antica, al passato e alle sue icone, e a districarsi tra diversi linguaggi, in un gioco di riferimenti e mescolanze tra cultura classica - solenne, eterna - e cultura pop. La mostra presentata in questo catalogo, pensata per il Palazzo delle Esposizioni, vede l'intersezione di diversi livelli: l'arte contemporanea, la storia romana attraverso le opere provenienti dalle sedi del Museo Nazionale Romano diretto da Stéphane Verger e la rappresentazione che della storia romana è stata fornita attraverso il cinema nel corso del Novecento. Vita dulcis è un progetto che vuole creare una nuova narrativa, presentando opere e reperti dell'arte classica romana in un percorso espositivo privo di quella «freddezza» e «lontananza» caratteristiche di molte esposizioni museali, per restituire al visitatore l'intensità vitale e la passione autentica che questi reperti sanno suscitare, immergendoli in un allestimento concettuale e scenografico suggestivo e inaspettato, che li mette in relazione con alcune opere recenti di Vezzoli che incorporano elementi d'epoca antica o che all'antico sono ispirate. Il cinema è il completamento ideale del racconto di Vita dulcis: tra tutte le arti visive, è stato il mezzo che più di tutti ha utilizzato e celebrato il periodo storico dell'antica Roma, sempre cercando di restituirne la verità, la passione, le storie, le psicologie, le atmosfere e i colori. Fin dagli inizi della sua carriera da artista, Vezzoli ha celebrato la Settima Arte come medium privilegiato per l'interpretazione della realtà e come riferimento emotivo e narrativo più potente nel dibattito contemporaneo. E non è un caso che una delle sue opere più note, Trailer for a Remake of Gore Vidal's Caligula, presentata alla Biennale di Venezia del 2005, unisca appunto in una citazione irriverente dei peplum, il cinema e l'antico per offrire una rappresentazione della degenerazione contemporanea del potere. È stato dunque per lui naturale accostare i reperti di epoca romana a spezzoni di film ambientati nell'antica Roma, creando un excursus parallelo sulla storia del cinema che parte da Cabiria del 1914 (il primo kolossal italiano, sceneggiato da Gabriele D'Annunzio), al Satyricon di Federico Fellini, fino alle incarnazioni più contemporanee, sia di produzione italiana che internazionale. Il risultato è un intenso mosaico di opere classiche iconiche, sorprendenti reperti inediti, capolavori del cinema mondiale e un tocco di contemporaneità. Immersi in una dimensione installativa, suggestiva e teatrale, disegnata dall'artista Filippo Bisagni, ed esaltati da un gioco di luci e ombre, di bianchi e neri, concepito da Luca Bigazzi, i reperti e le opere contemporanee selezionati da Francesco Vezzoli e Stéphane Verger dialogano all'interno di un percorso complesso ed emozionante, fatto di stratificazioni e accostamenti di livelli estetici distanti, epoche diverse, arte colta e arte popolare, racconto del potere e fotografia della vita «reale».