L'opera di Ruskin cadde in un momento in cui l'architettura e le arti figurative attraversavano una crisi di identità e il contrasto fra neo-medievalismo e relativismo eclettico toccava le punte più infuocate. La natura del gotico è uno dei più significativi documenti di quel periodo, in quanto digressione teorica, fino ad allora inedita in Italia, contenuta nel celebre libro Le Pietre di Venezia. Nel venir meno del valore assoluto di ogni riferimento alla tradizione, l'autore propone la forza di un modello mai prima esplorato: il Gotico, come orizzonte figurativo e normativo. Molti sono gli elementi di interesse di questo breve capitolo, in cui si vanno elaborando categorie che per l'architettura moderna almeno in parte definiranno, nel momento delle scelte, il crinale di rottura con il passato. Un discorso su struttura e ornato condotto con una tensione ben lontana dal prudente e indifferenziato eclettismo di tanta cultura architettonica ottocentesca; una profonda nozione di imperfezione che, vista come sigillo del pensiero originale, si oppone alla classica perfectio: ciò che è pienamente umano è sforzo orientato, errore possibile, intriso di senso. L'identificazione di classicità e "macchina", confermata dalla totalità del lavoro servile nel mondo antico, introduce poi al tema della moralità, così vivo anche nell'architettura contemporanea.