Dalla monumentale "Storia delle accademie italiane" (1923-1930) di Michele Maylender sembra non essersi mai arrestato l'interesse per questi cenacoli culturali, fioriti numerosi in Italia, tra cinque e seicento. Gli studi presentati in questo volume si concentrano su due delle grandi promotrici di queste istituzioni, Roma e Firenze, e sullo splendido "intreccio virtuoso" tra letterati e artisti, cui rendono omaggio, in un'ottica necessariamente interdisciplinare, studiosi di ambito letterario e storico-artistico. Si parte dalla Firenze cosimiana, che, grazie alla nascita e al modello dell'Accademia fiorentina, conserverà sempre al centro delle sue peculiarità tale intreccio, anche quando, con la fondazione dell'Accademia del Disegno nel 1563, si tenterà di separare artisti e letterati in una nuova ottica di specializzazione. Legata a doppio filo con la città medicea, la Roma delle accademie del cinquecento viene indagata anzitutto a partire dal connubio artistico-letterario proprio della linea antiquaria e vitruviana. Passando per gli innumerevoli legami con artisti e letterati di altri centri, quali Venezia, Lucca, Perugia, Ancona, e realtà internazionali come la compagnia dei Bentveughels, questa seconda parte romana del volume dedica ampio spazio all'indagine sulle accademie seicentesche, che metteranno al centro dei loro interessi la poesia ecfrastica e l'arte squisitamente barocca delle "imprese".