Sfuggente per natura a ogni definizione razionale, il grottesco si propone - già al suo primo apparire - come negazione delle proporzioni e trasgressione di una narrazione codificata del reale e dell'ideale. I "grilli" - quelle inquietanti presenze ibride antropo-zoo-fitomorfe che la mano dei copisti medievali disegnava nei manoscritti tra le linee del testo - ritornano nella modernità come fantasmi dell'immaginario. Impossibile da contenere all'interno di un solo genere o di un solo linguaggio, il grottesco manifesta una potenza arcaica in primo luogo basandosi sul forte impatto visivo della metamorfosi, della stilizzazione, della forzatura, della caricatura, infine della rappresentazione - dalla fiaba alla fantascienza - del mostro, dell'automa e dell'alieno, eccezioni nella norma del creato e nell'ordine costituito dall'uomo. La sede del corpo è indicata dal grottesco come il terreno di uno scontro tra livelli logici e politici inconciliabili che non sempre possono risolversi nell'esplosione liberatoria del riso, rimanendo sospesi tra grido, gesto gratuito e follia, secondo quella tendenza alla teatralizzazione che determina l'individuazione immediata di figure e parole del grottesco, dal carnevale alla scena borghese al teatro dell'assurdo. Linea di frontiera tra arti visive e letteratura, il grottesco predomina in quei movimenti - dal Barocco al Romanticismo, dall'Espressionismo al Postmoderno - in cui l'evidenza della crisi delle aspettative della ragione genera la contrapposizione di un'estetica del brutto refrattaria a ogni possibile appropriazione ideologica e apportatrice di una frattura vertiginosa e insanabile.