Davanti al muro di un abbaino, completamente circondato dall'orizzonte del mare, un giovane uomo tirava pugni. Colpiva così velocemente che le braccia sembravano le ali di una libellula. Era così leggero che l'ombra pareva sfuggirgli ogni volta. Era così preciso che ogni volta arrivava dritto a colpirla. Faceva il vuoto. Così si chiama quel tipo di allenamento che un pugile esegue da solo. Destro, sinistro, destro, sinistro, sinistro, sinistro, destro... Rimase lì a guardarlo, a seguire i colpi e i movimenti del tronco e delle gambe finché gli uccelli del mare capitanati dai grandi gabbiani reali cominciarono il carosello serale di ampi voli, il cielo si riempì delle loro grida e l'ombra sul muro si allungò, fluttuò come una fiamma sul cielo rosso e infine scomparve, rapita dall'ultimo sole. Una storia del pugilato italiano: quella di Ciro Converti e Vincenzo Imparato.