La Jugoplastika sembrava un manipolo di ragazzi, una ciurma di monelli vestiti di giallo strappati dagli scogli e gettati su un campo da basket, senza lode e senza infamia. Diventarono l'oro di Spalato, una banda terribile di talentuosi artisti del gioco guidati da colui che a Spalato diventerà un santone della pallacanestro: Bozidar Maljkovic. Appariva uno scherzo vincere, un lancio di dadi senza mai timore di essere battuti, neppure nelle condizioni più avverse. Nella primavera del 1991 una schiacciata in contropiede di Toni Kukoc contro il Partizan chiuse l'ultimo campionato della Jugoslavia unita nell'angosciosa attesa che il magma balcanico scivolasse lungo i canali dell'odio. Ciò nonostante ecco l'ultimo sigillo della squadra passata a Zeljko Pavlicevic, che in una strana ordalia del fato, compirà l'ennesima impresa vincendo la terza Coppa dei Campioni consecutiva in una notte di gioia malinconica, dentro una Parigi infiorettata, battendo il Barcellona del maestro 70 a 65. Tris, e sipario, sulla squadra più forte di sempre mai vista a est di New York.