Ernesto de Martino è stato il maggior antropologo italiano del XX secolo. A cinquant'anni dalla sua morte, il suo lascito intellettuale e scientifico attende di essere ulteriormente esplorato in tutta la sua ricchezza. E questa l'ipotesi fondante del presente lavoro. Partendo da quell'umanesimo etnologico che De Martino indica come possibile meta di una rinnovata antropologia, l'autrice evidenzia i problemi specificamente antropologici del demartiniano ethos del trascendimento (naturalismo e storicismo; la presenza di coloro che, come i contadini lucani, stanno nella storia "senza sapere di starci"; l'etnocentrismo critico); discute alcuni postulati fondamentali della teoria antropologica demartiniana (l'origine e destinazione integralmente umana dei beni culturali e il significato umano degli accadimenti); riflette sulla crisi della presenza, forse il più complesso e il più significativo dei costrutti concettuali demartiniani; esamina, infine, la metodologia della ricerca sul campo di De Martino, costruita sulle due coppie concettuali di problema e documento e di équipe e spedizione. In questi tempi rinunciatari di cinismo, di paura, di ripiegamento narcisistico su un io cui si chiede di sostituire il mondo, l'"eroica" impresa di De Martino di coniugare impegno scientifico, scelta morale e militanza politica ha tutto il potenziale dell'attualità alternativa.