Il fenomeno olimpico non è solo una gara sportiva: è molto altro. Anzitutto è uno straordinario evento mediatico e, per chi ha la fortuna di parteciparvi, è anche un irripetibile momento di inclusione sociale. Un'occasione di pace e amicizia tra gli atleti di tutto il mondo dove le regole olimpiche - la lex sportiva - prevalgono su tutte le altre. Pregando davanti alla tomba di Thomas Arnold, il noto educatore britannico, Pierre de Coubertin intuì che l'Olimpismo avrebbe potuto prevenire le guerre promuovendo l'eguaglianza e la non discriminazione e mettendo al centro l'atleta. Ma vi è di più. Da "éclairer" dell'Olimpismo De Coubertin è stato anche un precursore della comparazione giuridica, un comparatista "sans le savoir", come lo avrebbe definito Pollock. Da consulente del Governo francese, infatti, si impegnò nel difficile compito di formare una classe dirigente all'altezza delle sfide dell'epoca. Sfide difficili e che lo preoccupavano: cedere agli autoritarismi e alla sopraffazione degli altri o costruire una società pacifica fondata sui valori democratici? Lo sport e l'Olimpismo moderno indicavano questa seconda strada, che lui stesso, viaggiando attraverso l'Atlantico, ha indicato ai posteri con tre illuminanti libri semiautobiografici, L'Éducation en Angleterre (1888), L'Éducation anglaise en France (1889) e le Universités Transatlantiques (1890). Purtroppo, il mondo contemporaneo, come lui stesso aveva presagito, non sempre comprende questo messaggio di pace, libertà e lealtà sportiva che tutti gli atleti, se liberi di pensare, hanno innato perché è innato nello sport e nel giuramento olimpico.