Il presente lavoro prende le mosse dall'esigenza di analizzare il presente e il processo contemporaneo di militarizzazione dello spazio pubblico nel linguaggio e nelle azioni, nel ricorso al bellico come metafora e riferimento autolegittimante di un'azione politica che restringe sempre più lo spazio sia in termini di percezione di alternative, sia della composizione sociale, nonché nel suo accentramento decisionale. Sotto osservazione sono gli eventi che dagli anni '90, con il costituirsi del nuovo ordine mondiale post Muro, fino alla contemporanea cornice di guerra preventiva e permanente, ricadono sulla società civile, sulle relazioni tra stati e sull'affermazione di riferimenti valoriali e agende politiche che sempre meno pongono la guerra fuori dall'esperienza possibile, estendendone progressivamente l'area di legittimazione. Il primato della sicurezza, cui rispondere anche militarmente, ha ristretto lo spazio di istanze e movimenti per la pace per cederne alla bellicizzazione (maschile) e incrementale. L'espansione dello spazio bellico, con il protagonismo del Militare contemporaneo, è l'esito di un lungo processo che nel tempo non ha mai affrancato la convivenza civile dalla costruzione di relazioni armate. È quanto emerge nello sguardo retrospettivo che qui si propone. L'occasione è quella di rileggere il percorso di studio e analisi del Militare iniziato da chi scrive negli anni '90, quando il movimento tellurico politico proiettava l'occidente e il mondo nell'era postbipolare e globalizzata, con i nervi scoperti delle frammentazioni e delle sempre più acute disparità.