«L'indifferenza è una condanna a vita e senza appello, che nega futuro e vita nuova». Ouesta è la sofferta denuncia di chi ha vissuto l'esperienza del carcere che ha impressa sulla propria pelle come un marchio la condizione di detenuto o ex detenuto, uno stigma che colpisce ingiustamente anche i loro congiunti. Una discriminazione sociale che non si cancella malgrado la pena scontata, il pentimento e il percorso che ha reso persona nuova chi ha sbagliato. Lo raccontano le testimonianze raccolte da suor Emma Zordan, da anni volontaria alla casa di reclusione di Rebibbia, nel volume "Ristretti nell'indifferenza". «Il carcere è il nostro mondo, è parte della nostra società, non c'è un dentro o un fuori, è parte di noi» scrive nella sua preziosa prefazione al volume il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e arcivescovo di Bologna, invitando a riflettere sul carcere come specchio della società. In queste pagine è il mondo del carcere a raccontarsi, a invitare "chi è fuori" a non essere prigioniero del pregiudizio, ad avere uno sguardo aperto al futuro e alla vita. «Vorrei essere giudicato per la persona che sono oggi e non per il reato che ho commesso venti anni fa» scrive un detenuto. È una domanda di umanità che arricchisce tutti, sulla quale vale la pena di riflettere. Leggere questo libro aiuta a farlo.