Negli ultimi decenni, all'ombra del discorso securitario, centrato sulla minaccia dell'immigrato criminale, è cresciuto anche il discorso interculturale, fondato sulla valorizzazione della ricchezza dell'altro. Quella che a prima vista potrebbe apparire come un'opposizione, in realtà è una solidarietà segreta, che qui si cerca di mostrare, articolando una scrupolosa analisi delle retoriche dell'accoglienza e dell'integrazione. Il dispositivo di enunciazione interculturale è ricostruito attraverso l'esame di materiali eterogenei, che vanno dalle campagne di comunicazione visiva di governo, Ong e associazioni contro la discriminazione, alle opere degli scienziati dell'intercultura e alla letteratura della migrazione. Al centro dell'attenzione vengono poste le modalità con le quali si produce la trasfigurazione discorsiva dei migranti in carne e ossa nell'altro interculturale, una sorta di doppione normalizzato dei primi, costretto a un dialogo tra culture che è poco più che un monologo dei professionisti dell'accoglienza. Nell'insieme, ciò che emerge è un razzismo per così dire sussurrato, che procede parallelamente con la volontà di elevare se stessi per dominare l'altro. Oggetto dell'analisi è dunque la volontà predatoria su cui si costruisce il discorso interculturale, in cui paura, voyeurismo, passione per il travestimento esotico si saldano per rendere possibile l'esibizione pornografica della differenza.