Per qualcuno può sembrare anacronistico trattare il conflitto morale più antico del mondo, l'eterno rapporto tra il bene e il male; ma se le forze positive di una società rischiano talvolta di passare inosservate, i danni compiuti da una visione crudele e distorta del potere provocano autentiche catastrofi umanitarie. Vittorio Carreri accende quindi i riflettori sul maligno, sulla natura umana più incline ad una inconsapevole adorazione del demonio, simbolo di distruzione, guerra e violenza cieca; un simbolo che, nella storia dell'uomo, si è spesso tentato di identificare con il nemico, usato come grimaldello morale per giustificare guerre, sterminii razziali o persecuzioni religiose. L'analisi lucida e impietosa di Carreri ci ricorda infatti come l'odore di zolfo fosse ben presente all'epoca delle inquisizioni così come nelle tragedie del Novecento, nella follia di dittatori, terroristi e guerrafondai. Cosa rimane invece del Diavolo vero e proprio? Un simbolo, appunto, studiato, raffigurato e identificato talvolta nell'immaginario popolare; in fondo una presenza consolatoria, di fronte alle miserie terrene degli esseri umani.