La promessa di Facebook è renderci lettori e autori delle nostre stesse storie, ma in realtà il social network di Mark Zuckerberg costruisce una catena di montaggio della "narrazione narrabile" che imprigiona vite, biografie e racconti possibili. Processando i metadati, i comportamenti e le interazioni di miliardi di utenti all'interno del giardino chiuso della piattaforma, l'algoritmo si impone come un narratore onnisciente e totalitario, una macchina di storytelling predittivo a beneficio degli unici lettori che contano davvero: gli inserzionisti pubblicitari. Il potere di narrazione di Facebook e del suo autore è il potere di un'ideologia della tecnologia e del mercato funzionale alla monetizzazione, all'espropriazione e all'ingabbiamento dell'organizzazione sociale, del lavoro e della vita delle persone: come direbbe Michel Foucault, è un processo di oggettivazione e assoggettamento, la comparsa di una nuova modalità di controllo nella quale ogni individuo riceve una gratificazione costante che lo imprigiona nel suo status così come configurato dalla piattaforma algoritmica.