«Il lavoro sessuale maschile è un fantasma dell'immaginario, gravato di eccessi di significazione. Da un lato, esso viene rappresentato come tema romanzato, finzionale, un topos letterario e cinematografico denso di riferimenti alle rappresentazioni culturali delle ansie del potere e dell'immaginario, dall'altro come l'esemplificazione della più profonda degradazione morale e personale per il "maschio" coinvolto: in entrambi i casi, queste due prospettive tipologiche rischiano di privare i soggetti coinvolti nel sex work della propria agentività. Con ciò non si vuole sostenere che le attività di sex working non possano essere determinate da mancanze di opportunità strutturali e da una dotazione diseguale e iniqua di risorse materiali e simboliche, né che il/la sex worker non possano essere sfruttati/e o essere vittime; allo stesso modo, non si vuole praticare un percorso cinico di voyeurismo intellettuale per mezzo del quale la volontà del soggetto si può esprimere attraverso pratiche e condotte indipendenti dai condizionamenti strutturali. Il problema concerne il modo in cui intendiamo i sex worker e i clienti, se trattiamo i concetti di "vittima" e di "approfittatore" come identità anziché come "condizioni temporanee". Questo volume tenta di ricostruire le rappresentazioni, le teorie, le retoriche, l'organizzazione e le tipologie di un tema complesso, scomodo e controverso, che si pone al crocevia della trasformazione delle maschilità e del mutamento socio-sessuale, a metà fra modelli tradizionali, configurazioni inedite e nuove forme di normalizzazione. Poco visibile ma presente negli interstizi dello spazio pubblico e delle involuzioni dei discorsi scientifici e delle retoriche disciplinari in età moderna, il lavoro sessuale maschile è la cartina al tornasole delle asimmetrie di genere, classe, età ed etnia che strutturano le nostre pratiche quotidiane convenzionali».